Cervo Corso: la storia di una riconquista
L’iniziativa si inserisce nella storia sostenuta da un forte valore simbolico. Quella di una sotto specie scientificamente riconosciuta, di cui lo stato di morte clinica ha mobilizzato, negli anni Settanta, il suo territorio naturale intorno alla causa sacra della sua tutela. Il Cervus Elaphus Corsicanus è una specie endemica di Corsica e Sardegna, ma benché sia stato identificato per la prima volta da noi (in Corsica), è dall’isola vicina che tutto è potuto ricominciare.
40 anni fa il Cervo in Sardegna aveva raggiunto la soglia critica della sopravvivenza senza però raggiungere l’estinzione definitiva. È dunque a partire da quei pochi animali superstiti che la riconquista ha potuto iniziare. Paul-Antoine Susini, Responsabile per il Parco Naturale della Corsica incaricato anche di mantenere le relazioni internazionali, ci racconta volentieri il legame con i dati esistenti.
“La salvaguardia di quest’animale emblematico si inserisce oggi in un contesto di cooperazione tra le isole del mediterraneo. Il buon andamento della reintroduzione è un omaggio ai pionieri, che hanno aperto la via in un’epoca dove la nozione di cooperazione non esisteva.”
Danni: al di là dalle misure sperimentali…
A partire dai recinti sardi, i trasferimenti progressivi di animali fra gli areali hanno permesso di estendere l’esperimento in Corsica, con il primo rilascio datato 1998, 30 anni dopo la sparizione dell’ultimo cervo dall’isola. Con una popolazione oggi stimata tra 1.200 e 1.300 individui, il Parco Regionale della Corsica entra con serenità nella fase finale del progetto Life, un dispositivo europeo che nel 2012 è intervenuto a rinforzare l’iniziativa nel 2012. Il mese scorso, il gruppo di lavoro “Grandi Ungulati”, che permette al comitato misto gestore del programma di lavorare con numerosi partner, ha scientificamente preso atto dei successi conseguiti. Gli obiettivi di reintroduzione sono stati raggiunti. Le prospettive non saranno dunque basate su una problematica di rilascio, ma piuttosto su un monitoraggio scientifico delle popolazioni e una gestione della specie.
È quindi possibile entrare in una nuova fase della reintroduzione: l’abbandono progressivo dei trasferimenti dalla Sardegna per l’avvio di un vero e proprio piano di gestione e ripopolamento interno. Stevan Mondoloni, coordinatore del programma per il Parco, ha seguito con grande attenzione il ritorno dell’animale nel cuore del suo territorio naturale. In qualità di membro del comitato misto specifica il bilancio dell’iniziativa osservando che “la dinamica di popolazione è stata buona, con una media di rilascio ogni due anni. Il cervo ha riconquistato il suo territorio, principalmente nell’Alta-Rocca dove il biotopo è perfettamente adatto. Ma gli altri settori gli sono stati favorevoli, compreso Chisà, anche se, a partire dall’altitudine del rilascio, a 1000 metri slm, il cervo ha finito per raggiungere la pianura orientale”.
Là dove il programma di reintroduzione ha finito per alimentare la controversia.
Reinvestendo un territorio che occupava naturalmente una volta, goloso d’agrumi, il cervo ha causato dei danni nelle zone agricole suscitando contemporaneamente perplessità e impazienza. Nel banco degli imputati è finita la federazione dei cacciatori di Haute-Corse. Riferendosi al quadro giuridico francese, la stessa rifiuta di pagare i danni e non vede per forza di buon occhio la successione dei rilasci. Consapevoli delle criticità, i servizi del Parco considerano che l’incertezza giuridica è all’origine de questa situazione tesa. “È vero che sul continente i danni sono a carico delle federazioni di cacciatori, confida Stevan Mondoloni, e il problema in Corsica, è che lo Stato non ha mai riconosciuto la sotto-specie del cervo di Corsica contrariamente al diritto comunitario europeo. Pertanto, un partner potenziale è divenuto un oppositore, ma le cose evolvono - prosegue il coordinatore del programma. - Noi abbiamo fatto realizzare uno studio, da un esperto giuridico, sulle soluzioni per apportare le necessarie correzioni allo statuto e giungere ad una messa in conformità dello Stato con il diritto europeo”.
Il Parco aveva già adottato misure urgenti che potessero tamponare la competizione territoriale, finanziando con i propri fondi interventi per 49.000 euro per l’installazione dei recinti elettrici di 2,50 m d’altezza per una distanza complessiva di 11,2 km, nell’ambito del quadro sperimentale delle attività previste dal programma Life. Ma non per questo il problema è risolto e la riflessione deve proseguire: “Gli animali continuano a spostarsi,” osserva Stevan Mondoloni “Ci stiamo lavorando. Bisognerebbe ottenere altri finanziamenti, sapendo che alla fine, l’ordinamento per la caccia interverrà”. Per Paul-Antoine Susini, gli insegnamenti del programma sono per prima cosa positivi. “Certamente rimangono delle problematiche da risolvere, ma il Life gioca il suo ruolo, è stato concepito per questo. Ha già permesso di prendere i primi provvedimenti di fronte ai danni e di lavorare all’evoluzione giuridica di uno statuto aggiornato”.
In ogni modo, l’orientamento è chiaramente visualizzato. Deve condurre ad un piano di gestione comune alla Corsica e alla Sardegna. Un quadro nel quale i poteri pubblici locali dovranno dare il cambio turno ad un programma europeo. Quanto alla possibilità che il cervo possa tornare ad essere una selvaggina cacciabile, Paul-Antoine Susini si affida al risultato dei dati. “ La curva di popolazione parlerà”.
Articolo scritto da Noël KRUSLIN
Ancora i bracconieri…
Si tratta del terzo caso ufficialmente registrato di bracconaggio in due anni. Dopo l’episodio nel settore di Caccia-Ghjunsanni in dicembre 2013 e nella Pianura orientale in settembre 2014, un terzo cervo è stato abbattuto nel Venacais. Un atto penoso e gratuito, tanto più che si tratta di una cerva che è stata anche decapitata dopo essere stata uccisa con una pallottola di carabina in piena testa. Nella sua qualità di gestore del programma di reintroduzione, il Parco ha sporto denuncia ed un’inchiesta è stata aperta dalla brigata di gendarmeria di Venaco. “Si tratta di un atto che può essere oggetto di una pesante condanna perché il cervo è al centro di una stretta protezione nel diritto comunitario. È un animale emblematico della nostra isola, allo stesso modo del muflone, segno di una ricchezza ecologica”, ha scritto il PNRC come reazione a quest’atto di bracconaggio. "Per questo motivo, teniamo a precisare che una stretta collaborazione è in corso con gli abitanti del Centro Corsica, in particolare con alcune società di caccia locale che rispettano la specie ed il programma della sua reintroduzione".
L’anno scorso, nello stesso periodo, una riunione pubblica a Riventosa aveva permesso di comunicare con la popolazione. Una gran maggioranza di abitanti aveva manifestato il proprio attaccamento al cervo sul suo territorio. Questo atto di bracconaggio è dunque da collegare ad una piccola minoranza irresponsabile. Sopraggiunge, per di più, in una situazione di forte mobilitazione per il monitoraggio e la gestione della specie attraverso un programma europeo Life Natura. L’Unione Europea, il PNRC, i partner sardi e la maggior parte degli attori locali si sono impegnati in modo considerevole. Niente può giustificare un tale atto. Forte del sostegno dei suoi partner e degli attori locali, il Parco proseguirà la sua azione e rinforzerà la sua presenza in questa zona. Ripete il suo appello ai Corsicani al fine di preservare quest’animale. Tali comportamenti, anche se isolati, rendono vani tutti gli sforzi spiegati a livello regionale.
Dall’estinzione al ripopolamento
- 1969. L’ultimo cervo viene abbattuto in Pianura orientale. La sotto-specie endemica alla Corsica e alla Sardegna, identificata da uno studio scientifico nel XVIII secolo, scompare dalla superficie dell’isola. Nello stesso periodo, la Sardegna raggiunge una soglia di rottura, senza per questo arrivare all’estinzione totale. I 200 individui scampati durante gli anni neri permettono di procedere alle catture necessarie alla ricostituzione della specie nei recinti di allevamento.
- 1972. Nasce il Parco naturale e fa progressivamente della reintroduzione del cervo una delle sue prime missioni d’apertura, con la creazione del GR 20. Sotto la guida di Jacques Leoni, uno dei pionieri del comitato misto, i primi contatti sono presi con i colleghi sardi. Il PNRC pazienta, fino al 1985, anno durante il quale il primo trasferimento di animali dalla Sardegna è effettuato. 4 cervi permettono allora di inaugurare il primo recinto di allevamento in Corsica. Quello di Quenza.
- 1991. Il recinto di Quenza ha beneficiato di altri trasferimenti di cervi provenienti dalla Sardegna. Funziona sufficientemente bene perché il Parco decida di aprirne un altro a Casabianda (Comune d’Aléria). Un terzo recinto aprirà nel 1994 a Ania di Fium’Orbu (Comune di Serra).
- 1998. Il programma di reintroduzione inizia a fare sul serio grazie ad un momento storico: il primo rilascio. In Alta – Rocca, 16 cervi lasciano il recinto per la riconquista del territorio un tempo territorio di questa sotto – specie. L’anno successivo, 24 animali vengono liberati nel comune di Chisà. Nel 2002, il Parco rinforzerà l’Alta – Rocca liberandovi 16 nuovi individui. Le operazioni sono proseguite a Saint-Pierre de Venaco, di nuovo a Chisà, Moltifao, Letia, di nuovo a Moltifao. L’ultimo rilascio risale al mese di settembre, questa volta con degli animali provenienti dalla Sardegna. Il Parco aveva la necessità di introdurre degli animali nuovi, al fine di rafforzare geneticamente la specie.
- 2011. Il Parco lancia un protocollo di censimento basato sull’ascolto e registrazione del bramito. Nel mese di settembre 2015 si stima che la popolazione totale in Corsica abbia abbondantemente superato i 1.000 esemplari, attestandosi tra 1.200 e 1.300 individui. Contemporaneamente, altri cervi sono ancora nei tre recinti di allevamento dell’isola (7 a Quenza, 40 a Ania, 62 a Casabianda).
- 2012. Nuove reintroduzioni sono sostenute dal programma europeo Life. In comune alla Sardegna e alla Corsica, esso rappresenta uno stanziamento finanziario di 2 milioni di euro in 5 anni. Privilegia tre grandi assi: la conservazione del cervo nelle due isole, la ricerca di un equilibrio tra la missione e le attività antropiche, la sensibilizzazione e l’educazione all’ambiente, con focalizzazione nell’ambito scolastico e delle comunità locali.